Come molti colleghi interpreti e/o traduttori, di tanto in tanto mi occupo di progetti di revisione. Per i non addetti ai lavori, per revisione si intende il controllo di una traduzione fatta da un collega o la correzione di un testo redatto da qualcun altro nella propria lingua madre. Mentre alcuni colleghi accettano questo tipo di incarichi contro voglia e solo per arrotondare, io amo i progetti di revisione. Ad esempio, da qualche mese sono coinvolta in un bellissimo progetto di revisione di un manuale di italiano per slovacchi che non solo mi permette di lavorare con la lingua slovacca: mi sta anche facendo scoprire degli aspetti della mia lingua madre su cui non mi ero mai soffermata.
Al di là della specificità di questo progetto particolare, più in generale credo che per ogni interprete e/o traduttore accettare di tanto in tanto progetti di revisione sia molto utile perché:
- facilita la preparazione in vista di futuri incarichi di interpretazione e/o traduzioni. Se faccio la revisione di un libro di veterinaria e dopo un mese vengo ingaggiata per una conferenza di veterinaria, la mia preparazione sarà molto più rapida, perché nel corso della revisione avrò già imparato molto, sia dal punto di vista terminologico, che contenutistico.
- insegna a essere precisi. Il revisore ha una grande responsabilità: eliminare gli errori di un testo. Potrebbe sembrare banale, ma individuare tutti i refusi, i doppi spazi, gli spazi mancanti, la punteggiatura scorretta, ecc. richiede una grandissima concentrazione e precisione dalla prima all’ultima parola, perché se il testo pubblicato contiene degli errori, la colpa sarà sua.
- offre un confronto. Questo vale per la revisione di traduzioni. Quando facciamo la revisione della traduzione di un collega, oltre a segnalare ciò che non va bene, impariamo quello che va bene e siamo indotti a pensare a quello che invece avremmo proposto noi al posto del collega.
- obbliga a mettersi in discussione. Non so a voi, ma a volte quando faccio una revisione mi capita di trovare parole o strutture che d’istinto mi sembrano sbagliate. In quel caso, però ho imparato che la cosa migliore è frenare l’istinto e applicare la regola d’oro del buon revisore: prima di segnalare un presunto errore, è bene controllare che lo sia davvero. Per l’italiano questo aspetto è fondamentale perché a volte siamo convinti di una struttura o di una parola, ma poi scopriamo che è usata solo nella nostra regione, e al resto degli italiani non dice nulla. Un esempio per tutti: a 19 anni mi è quasi crollato il mondo addosso quando ho scoperto che la parola “boccaccio” è usata solo in Puglia, mentre nel resto di Italia si dice “barattolo” (per i non pugliesi, sarebbe quello della marmellata).
- possiamo dare libero sfogo alla maestrina che è in noi (ma a quanto pare non siamo i soli)! Ammettiamolo (e i nostri amici e familiari lo confermerebbero all’istante): è come se la nostra testa avesse incorporata la penna rossa e blu per correggere gli errori . Bisogna fare attenzione però a non strafare, perché un buon revisore è un revisore discreto, che corregge solo ciò che è necessario correggere, senza interferire con lo stile dell’autore del testo.
Foto: Facebook, Acción Ortográfica Quito
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