Ai tempi dell’antica Roma una parte importante dell’istruzione formale era dedicata allo studio della retorica e dell’arte oratoria. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti, l’era di Cicerone è passata da un pezzo… e si vede. Partecipando a conferenze o ascoltando dibattiti politici, tutti noi abbiamo avuto certamente l’occasione di notare la differenza tra i buoni e i cattivi oratori. Se per uno spettatore, il metro di giudizio più semplice da utilizzare per valutare la qualità di un oratore è la sua capacità di tenere viva l’attenzione del pubblico, dal punto di vista dell’interprete entrano in gioco altre variabili.
In questo post vorrei elencare alcune linee guida che dovrebbero essere seguite dagli oratori laddove è prevista l’interpretazione simultanea. Ho tratto spunto dalle Guidelines for speakers di AIIC e dalle linee guida dell’OIL ai relatori a cui ho aggiunto qualche altro punto sulla base della mia esperienza.
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Al momento di prendere la parola, è bene controllare che il microfono sia acceso, possibilmente evitando di fare la prova battendo le dita sul microfono, perché questo suono, apparentemente inoffensivo, nelle cuffie degli interpreti viene amplificato, diventando molto fastidioso.
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L’oratore dovrebbe tenere il microfono alla giusta distanza, né troppo vicino, né troppo lontano, per evitare che fischi (con le conseguenze di cui sopra).
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Se l’oratore vuole pronunciare il discorso stando in piedi o spostandosi nella sala è bene che si assicuri di avere un microfono ad archetto o di tipo equivalente perché se non parla al microfono, per quanto possa sforzarsi di parlare a voce alta, quello che dice non potrà essere tradotto.
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Se non comprende la lingua degli spettatori, è bene che l’oratore si doti preventivamente di un ricevitore per ascoltare la traduzione nella sessione dedicata alle domande.
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Un buon oratore dovrebbe esprimersi parlando a una velocità non eccessiva per permettere agli interpreti di tradurre in maniera accurata ciò che sta dicendo (questo vale anche quando il moderatore dice che sta per terminare il suo tempo a disposizione!). Al contrario, purtroppo parte del suo contenuto andrà perso.
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Nella misura del possibile un buon oratore dovrebbe esporre un discorso il più possibile coeso, con connettori logici e periodi che si aprono e poi si chiudono. Ahimé soprattutto i relatori italiani tendono a inanellare una serie infinita di subordinate, rendendo il compito degli interpreti più impegnativo.
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In caso di convegni su tematiche tecniche o particolarmente complesse, può essere molto d’aiuto organizzare un piccolo briefing per gli interpreti per dare loro informazioni o rispondere alle eventuali domande.
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Leggere un testo scritto durante un intervento non è l’ideale perché i testi scritti non hanno le stesse caratteristiche di quelli orali e risultano quindi più difficili da tradurre oltre che meno efficaci per chi ascolta. Se è proprio indispensabile, è fondamentale trasmetterne una copia agli interpreti (meglio con qualche giorno di anticipo, ma al limite anche appena prima dell’inizio dell’intervento) in modo tale che possano familiarizzare con la tematica e la terminologia. Questo non vuol dire che l’oratore non sarà più libero di modificare il discorso in corso d’opera facendo digressioni o aggiunte. Ovviamente l’interprete è tenuto alla riservatezza quindi nessun documento trasmesso verrà divulgato.
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Anche se non ha preparato un testo scritto da leggere, è bene che l’oratore dia agli interpreti ogni altro materiale di preparazione (presentazione power point, appunti, relazioni, abstract, ecc…) in modo tale che abbiano una traccia su cui prepararsi, oltre che per seguire meglio la presentazione durante il convegno visto che non sempre dalla cabina è possibile vedere le slide proiettate. Questo diventa fondamentale per gli interventi che presentano dati o cifre (bilanci, statistiche, ecc.)
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Se il discorso dell’oratore contiene barzellette, riferimenti culturali particolari, citazioni o altri elementi simili, è molto utile avvertire gli interpreti in modo che non vengano colti alla sprovvista e riescano e rendere al meglio elementi potenzialmente ostici.
Questi suggerimenti non devono essere considerati facilitazioni concesse agli interpreti per mera generosità, ma consigli che ogni relatore dovrebbe seguire per far sì che il contenuto del suo discorso sia reso in un’altra lingua nel miglior modo possibile, quindi in definitiva, per i suoi stessi interessi.
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