Meglio un interprete uomo o donna?

In Italia ci sono ancora professioni ritenute più maschili che femminili o viceversa, anche se non sempre queste distinzioni sono legate a una reale motivazione. Tra le professioni ritenute tipicamente maschili ci sono il meccanico, il pompiere, l’idraulico e purtroppo, ancora troppo spesso, anche le posizioni di vertice in enti e pubblici e aziende. Viceversa, sono generalmente più associate alle donne professioni come l’insegnante, l’ostetrica, la badante e in generale tutte le professioni di cura. Ma l’interprete?

Non ho dati ufficiali alla mano, ma in maniera empirica posso dire con assoluta certezza che in Italia la professione dell’interprete è nettamente più rappresentata dalle donne che dagli uomini. Chiunque abbia messo piede in una facoltà di traduzione e interpretazione o di lingue straniere avrà certamente notato che i ragazzi rappresentano una sparuta minoranza rispetto alle ragazze e ancora oggi quando lavoro in équipe ci sono quasi sempre più colleghe che colleghi (se mai ce ne sono).

In generale, se un interprete è qualificato e sa fare il suo lavoro, il fatto che sia uomo o donna a mio avviso non dovrebbe avere alcuna importanza, ma a volte i clienti esprimono una preferenza specifica. In alcuni casi queste preferenze sono totalmente arbitrarie, arrivando talvolta persino a sminuire la nostra professionalità. Se ad esempio un cliente richiede un’interprete donna di una determinata fascia di età, con parametri fisici ben definiti e richieste specifiche in fatto di abbigliamento dovrebbe scattare l’allarme: c’è qualcosa che non va. Probabilmente il cliente non cerca un’interprete, ma una ragazza immagine. Non è un problema in sé: basta saperlo.

Esistono però situazioni in cui è effettivamente preferibile selezionare il sesso dell’interprete per ragioni reali. Ecco qualche esempio:

  • nel caso dell’interpretazione medica, una donna che deve sottoporsi a una visita ginecologica può legittimamente sentirsi più a suo agio con un’interprete donna (talvolta anche per motivi religiosi); viceversa per un paziente uomo, che può preferire un uomo per una visita andrologica;
  • nel caso dell’interpretazione radiofonica o televisiva a volte si preferisce abbinare un relatore uomo a un interprete uomo e viceversa per aiutare il pubblico a legare il personaggio che vede alla voce che sente;
  • casi particolari: ad esempio una volta mi è arrivata una richiesta per l’interpretazione di interviste a calciatori appena dopo una partita. Queste interviste si sarebbero svolte negli spogliatoi, quindi il cliente ha richiesto in maniera specifica un interprete uomo.

Conoscete altre situazioni in cui è legittimo specificare il sesso dell’interprete? Generalmente associate la professione dell’interprete più a una donna o a un uomo?

Emanuela Cardetta
Emanuela Cardetta

Sono un’interprete di conferenza e traduttrice di italiano, inglese, francese e slovacco. Il mio lavoro è aiutare persone che non parlano la stessa lingua a comunicare tra loro in maniera efficace.

Chi sono
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