Facciamo un gioco? Se pensi a un incarico di interpretazione, che immagine ti viene in mente? Probabilmente nella tua testa si materializzerà il volto di Nicole Kidman in una scena del film “The interpreter” in una prestigiosa sala convegni alle Nazioni Unite intenta a tradurre il discorso di un capo di stato. O forse immaginerai un interprete al fianco di una star di Hollywood che rilascia un’intervista a una testata televisiva italiana. Queste rappresentazioni hanno in comune una cosa: si riferiscono a quello che un interprete effettivamente fa durante un incarico di interpretazione. Tuttavia, questa non è che la punta dell’iceberg, perché un incarico di interpretazione è fatto da un prima, un durante e un dopo.
Prima
Ogni incarico di interpretazione per andare a buon fine deve essere preparato, ma ancora prima di essere preparato, deve essere ottenuto. Per questo, la premessa di qualunque incarico di interpretazione è tutta l’attività di networking, contatto con i clienti e presentazione del preventivo necessaria per l’ottenimento dell’incarico. Una volta confermato l’incarico, la fase del prima passa attraverso lo scambio di informazioni e i contatti con il cliente e i colleghi (onore e onere degli chef d’équipe). È fondamentale in questa fase capire qual è l’obiettivo dell’incontro per prevedere quale sarà la dinamica: ad esempio, se si tratta di un CAE, quali sono le posizioni dei sindacalisti e quali della dirigenza? Ci sono fatti pregressi che dovremmo conoscere? Tra i compiti dell’interprete nella fase del prima, talvolta c’è anche il reclutamento di colleghi e il coordinamento con i tecnici, oltre che l’organizzazione della pura logistica (prenotazione dei mezzi di trasporto, studio dell’itinerario, prenotazione dell’hotel e quant’altro).
A questo punto, passiamo alla preparazione vera e propria. Per un incarico, occorre innanzitutto una preparazione a monte: si tratta di quel corredo di competenze e conoscenze che si costruiscono e rafforzano con gli anni di studio ed esercizio e che comprendono, tra gli altri, l’apprendimento e il mantenimento delle tecniche di interpretazione, il perfezionamento costante delle lingue attive e passive, la conoscenza della cultura generale e dell’attualità e l’aggiornamento tecnologico (ad esempio i software e gli hardware per interpreti).
Occorre poi una preparazione specifica in base alla tipologia di incarico e all’argomento. Eh sì, perché per passare da un convegno di biomedica all’assemblea generale di un’associazione internazionale di apicoltori non si può improvvisare, ma occorre studiare… e non poco! In questo post, ho approfondito il tema della preparazione per una conferenza.
Durante
È arrivato il D-day: Il momento in cui l’interprete mette a frutto tutta la preparazione pregressa, districandosi tra difficoltà e imprevisti, rassicurando il cliente, collaborando al meglio con i colleghi (come spiego in questo post sul tema del lavoro di squadra), ma soprattutto facendo il massimo per aiutare i partecipanti a comunicare in maniera efficace e il cliente a raggiungere gli obiettivi dell’incontro. Si tratta sicuramente della parte del nostro lavoro più carica di adrenalina, ma concentrarsi solo sul durante, senza curare il prima e il dopo a mio avviso non permette a un interprete di lavorare in maniera efficace.
Dopo
Dopo un incarico è fondamentale fare un punto della situazione: è andato tutto bene? Sono emerse criticità? Magari in sala c’era un’eco eccessiva che non era stata valutata, o la tecnica di interpretazione non era appropriata o forse i relatori avrebbero potuto mettere a disposizione più informazioni per la preparazione: tutte queste informazioni possono essere sfruttate come insegnamenti per fare ancora meglio in futuro.
Infine, per me è importante che ogni incarico si concluda ringraziando il cliente e i colleghi, perché un incarico di interpretazione, per andare a buon fine e offrire a tutti un valore aggiunto, non può prescindere dalla collaborazione di tutti.
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