Diciamocelo: per alcuni versi lavorare come freelance è fantastico. Non ci sono superiori antipatici da sopportare, non bisogna fare la lotta coi colleghi per prendere le ferie, compatibilmente con le scadenze si ha la libertà di organizzare il proprio lavoro e, se non si ha nulla da fare, ci si può tranquillamente concedere il lusso di andare a fare un bagno in piscina anche alle 3 del pomeriggio. Ovviamente non è tutto oro quel che luccica perché c’è uno scotto da pagare per questa libertà: un freelance non ha uno stipendio fisso, non ha le ferie e il congedo di malattia pagati e soprattutto non ha un flusso di lavoro prevedibile e tanto meno costante.
Nella mia esperienza, quest’ultima peculiarità è la più difficile da gestire. Soprattutto nei primi anni, un freelance passa da momenti di estasi, in corrispondenza di incarichi consistenti e soddisfacenti, a momenti di magra, in cui sembra che nessuno abbia più bisogno di noi e in cui, nelle fasi più acute, finiamo per rimpiangere il nostro caro vecchio lavoro da dipendente. E’ proprio in questi momenti che è fondamentale mantenere alto lo spirito e ricordarsi che i momenti di magra capitano a tutti e che non c’è motivo di disperarsi.
Al contrario, bisogna ricordare che i momenti morti possono essere preziosi perché ci offrono l’opportunità di dedicarci ad attività non sono piacevoli, ma anche utili, che però normalmente non abbiamo il tempo di fare. Sono proprio questi i momenti in cui possiamo gettare i semi che in futuro ci permetteranno di crescere professionalmente. Parlo di tutte quelle attività che arricchiscono il nostro bagaglio professionale di nuove competenze o che semplicemente ci rendono persone e, di conseguenza, anche professionisti migliori.
Ecco qualche esempio valido per il campo che conosco meglio, la traduzione:
Attività | Potenziali benefici professionali |
Ricerca di nuovi clienti | Aumento del flusso di lavoro |
Aggiornamento sito / CV / profili sui social network professionali | Una maggiore visibilità aumenta le possibilità di trovare nuovi clienti |
Fare rete e confrontarsi coi colleghi (online o di persona) | Miglioramento delle competenze professionali e aumento del flusso di lavoro |
Aggiornamento professionale (lettura articoli / ascolto contenuti nelle nostre lingue di lavoro) | Miglioramento delle competenze professionali |
Approfondimento di un campo totalmente diverso dal nostro (potremmo fare un corso di medicina / pittura / cinema… qualsiasi cosa solletichi il nostro interesse) | Preparazione a un eventuale incarico su quel tema |
Sport | Mantenimento di un buono stato di salute psicofisico |
Relax e ricarica delle batterie in vista della prossima ondata di lavoro | Mantenimento di un buono stato salute mentale |
E voi, freelance e non, avete altri suggerimenti per tenere lontano lo sconforto e mettere a frutto i momenti di magra?
fgpx78
Posted at 15:02h, 25 FebbraioIo ho smesso, ma concordo con la tua analisi 😉
Emanuela Cardetta
Posted at 15:04h, 25 FebbraioE come è stato il passaggio dal “freelanceraggio” al lavoro da dipendente? E’ prevalso il sollievo o lo sconforto?
lituopadania
Posted at 09:35h, 26 FebbraioQuanto descrivi è una situazione che conosco relativamente bene e in cui mi capita di imbattermi di tanto in tanto. Non mi sono mai ritrovato però, almeno per ora, a rimpiangere il mio vecchio lavoro. Forse perché è passato troppo poco da quando ho deciso di lasciare la multinazionale per cui lavoravo e di mettermi in proprio (fine Giugno 2013).
Mi trovo d’accordo con la tabella che hai riportato, anche se, per quanto riguarda le prime quattro attività, mi sto sforzando di dedicare a esse un certo tempo ogni settimana.
A me capita spesso di avere del tempo libero verso la fine del mese, quando tutti gli altri sono solitamente molto più impegnati. In questi casi secondo me è importante evitare di passare ore davanti al PC senza aver nulla da fare, così da bloccare sul nascere l’insorgere di possibili umori depressivi. Meglio uscire a fare una passeggiata dunque, o – come faccio io – andare in biblioteca a vedere se c’è qualcosa di interessante da leggere.
Contro i momenti di sconforto e quando mi sento un po’ giù io ho una cura tutta mia: fare matematica o ascoltare qualche intervista a James Hetfield (il co-fondatore dei Metallica). Si tratta appunto di una cosa molto personale, che probabilmente non ha alcun effetto su altri, ma il senso è trovare qualcosa che ci faccia stare meglio, non importa cosa. Anche empiricamente, per tentativi. Se si nota che qualcosa ci fa bene, quella è la direzione da seguire. Per esempio, quando avevo un lavoro da dipendente e tornavo a casa particolarmente stressato (hai presente quando non riesci a smettere di pensare a certe cose o – come nel mio caso – vedi data base, fogli elettronici, tabelle, grafici e formule dappertutto?) ho scoperto che un’attività fisica in grado di distrarmi e scaricare le mie tensioni era… non ridere… affettare zucchine, pomodori, carote, ecc. La concentrazione necessaria a evitare di tagliarmi da sola era sufficiente a farmi cambiare “dimensione mentale”. Quindi io mi rilassavo e in più contribuivo a dare una mano nella preparazione della cena, non male no?
In aggiunta alle attività da te ben sintetizzate io metterei anche quella di relazione (se così si può chiamare), che nel mio caso consiste nel chiamare i miei clienti per capire un po’ come stanno andando le cose; in modo veramente disinteressato, senza secondi fini. Succede poi che queste cose, se fatte bene, hanno sempre un ritorno positivo perché fanno sentire il tuo cliente al centro dell’attenzione. In quelle chiacchierate – a volte sembra strano persino a me – capita che i clienti mi raccontino un’infinità di cose che poi tornano utili anche per il mio lavoro. Nel mio campo (TLC e IT) quelli sono i momenti in cui capisci come sta andando la concorrenza, quali sono i movimenti di mercato, ecc. Perché uno dei rischi del lavorare in proprio è anche quello di restare isolati e perdere la visione di insieme del tuo settore.
Emanuela Cardetta
Posted at 12:48h, 27 FebbraioMa sai che anche io mi rilasso un sacco ad affettare verdure?! Che bello scoprire che non sono l’unica!
Grazie mille per aver condiviso il suggerimento di chiamare di tanto in tanto i clienti giusto per fare quattro chiacchiere. Devo dire che non è una cosa che io faccio abitualmente, ma in effetti è un’ottima idea, anche se, per il mio carattere, penso che mi sentirei più a mio agio a fare una chiacchierata del genere durante un incontro casuale piuttosto che facendo una telefonata senza un motivo preciso (forse sono un po’ ossessionata dall’idea di disturbare).